La legge prevede che con la sentenza di divorzio il tribunale disponga l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non abbia mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive.
A tale proposito secondo la legge il tribunale deve tenere conto:
- delle condizioni dei coniugi;
- delle ragioni della decisione;
- del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune;
- del reddito di entrambi i coniugi.
Tutti gli elementi sopra elencati devono essere valutati anche in rapporto alla durata del matrimonio ed all’età del richiedente.
Secondo la giurisprudenza all’assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale, compensativa e perequativa.
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Il giudice deve accertare un’eventuale disparità tra i redditi di entrambi i coniugi. Tale differenza tra le posizioni economiche e patrimoniali dei coniugi deve essere “rilevante“. Infatti dei minimi scostamenti non possono giustificare l’imposizione di un assegno.
L’eventuale, rilevante, squilibrio tra le posizioni dovrà poi essere effetto delle scelte di vita familiare adottate e condivise nel corso del matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante all’interno della famiglia. La valutazione del Giudice su questo specifico punto deve essere rigorosa ma la differenza tra le posizioni economiche complessive delle parti al momento del divorzio non deve necessariamente essere provato esclusivamente dal coniuge richiedente l’assegno.
Per consentire l’attribuzione di un assegno divorzile deve esistere quindi uno squilibrio economico rilevante che sia la conseguenza delle scelte e dei sacrifici fatti durante la convivenza nell’interesse della famiglia. Accertato lo squilibrio economico il Giudice deve poi verificare se tale divario possa essere superato in modo autonomo dal richiedente l’assegno, mediante il recupero o il consolidamento della propria attività professionale. L’esistenza di fattori che potrebbero impedire il superamento dello squilibrio (ad esempio la capacità lavorativa del richiedente) deve essere provata dal richiedente l’assegno. Pertanto l’assegno potrà essere negato nel caso in cui, sebbene vi sia uno squilibrio reddituale, risulti che il coniuge richiedente possa superare autonomamente tale squilibrio.
Quali sono gli effetti dell’instaurazione di una nuova convivenza sul diritto a percepire l’assegno divorzile ?
La convivenza che si presenti come stabile modello di vita comune fa cessare il diritto alla percezione dell’assegno divorzile, dal momento che la creazione di una nuova famiglia – anche di fatto – rompe ogni legame con il tenore e il modello di vita caratterizzanti la precedente fase di convivenza matrimoniale.
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